mercoledì 12 dicembre 2007

Un mondo del lavoro "senza Benzina"

Mezzo miliardo di Euro di perdite per l' economia del paese...
Questo è il dato dello sciopero degli auto-trasporti di questi giorni, una vera e propria crisi per il sistema produttivo, ma la riflessione deve essere più ampia...
Due sono gli aspetti fondamentali su cui si deve discutere: il malessere diffuso fra i lavoratori e le modalità di protesta.
Il mondo del lavoro, soprattutto in quelle categorie definite come usuranti, da anni ormai sente il "peso" costante della totale mancanza di riforme, nel mondo del lavoro, che non si solo occupino solo di "flessibilità" ma anche, e soprattutto, di sicurezza, stabilità e processi redistributivi.
Tutte le categorie produttive, dai dipendenti statali, ai metalmeccanici, passando per i lavoratori agricoli e del trasporto... tutto lo stato sociale attivo nel processo di crescita economica del paese, sente un malessere profondo che nasce da una distanza crescente tra contributo produttivo, remunerazione e costo della vita.
Marx ne Il Capitale e ne IL Manifesto analizzava le logiche di plusvalore... strano a dirsi, ma a distanza di oltre un secolo si sta riproponendo questa problematica.
Non si può avere un costo della vita che chiede 100 con un lavoratore retribuito a 50, e non si può pretendere che il lavoratore venga remunerato con 10 a fronte di un contributo produttivo e conseguentemente economico di 100... vi è una disparità troppo profonda che ormai, a causa di vari fattori, è diventata insostenibile.
Una realtà in crisi con un mercato del lavoro che crea precarietà non solo sotto l'aspetto contrattuale, ma anche sotto quello economico.
Ciò nonostante vi sono modalità di espressione del proprio dissenso che non possono essere adoperate...
IL diritto di sciopero, il picchettamento ed in alcuni casi anche la serrate, sono e devono essere entro limiti di condotta lecita: non si possono bloccare le autostrade; il trasporto pubblico; non si può mandare in crisi il sistema industriale; non si possono far rimanere le volanti della polizia e le ambulanze senza benzina... questo non è manifestare legalmente, è utilizzare tecniche che nulla hanno a che fare con lo stato di diritto.
Uno Stato che può essere vittima di minacce e comportamenti del genere non è ancora, a pieno, un Paese civile e Democratico .


Il Secolo


lunedì 10 dicembre 2007

Partito delle libertà

<>. Gianfranco Fini, leader di An, è stato chiaro: Alleanza Nazionale non entra nel Partito del Popolo delle Libertà, definito dall’ex Vice Premier <>, specialmente nei modo in cui é stata presentata la proposta.
<> per entrarvi, ha aggiunto.
Gli effetti della nuova creazione di Berlusconi sono stati immediati e rischiano di provocare, in poche ore, la fine non solo della Cdl, ma anche del sistema bipolare e della “seconda Repubblica”.
Tutti i Leader di partito, da Fini a Casini sino a Bossi, non sembrano prestare molta attenzione al nuovo soggetto politico, che, però, potrebbe anche non essere, come sperano gli alleati, un Forza Italia con altro nome.
Il Partito del Popolo delle libertà, difatti, apre scenari nuovi sia sul piano delle coalizioni che su quello delle riforme, fra cui la legge elettorale.
In primo luogo il Pdl chiude, almeno per il momento, la possibilità di un partito unico con Fini ed An, nonostante fino all’assemblea costituente de La Destra di Storace, l’idea era ancora perseguibile.
Questo potrebbe significare una rottura netta nella Cdl e l’apertura di nuovi scenari con il Pd di Veltroni.
Intanto Berlusconi ha annunciato la Costituente del nuovo soggetto: << c'é un nuovo partito. Faremo l'assemblea Costituente il 2 dicembre, nell'anniversario della grande manifestazione dell'anno scorso. E in questo partito possono venire tutti quelli che ci vogliono stare. E' chiaro che questo cambia tutto sulla legge elettorale>>, ha detto il Cavaliere in una intervista a La Stampa.
Il richiamo al sistema elettorale ed a giochi di forza basati sui voti è chiaro.
La “Nuova FI” è pronta ad accogliere Lega, Udc e An, per creare un grande soggetto dei centro-destra, ma Casini, Fini e Bossi hanno già detto di no.
Nonostante questo il nuovo partito potrebbe comunque accrescere la propria forza elettorale raccogliendo i “partitini” del centro-destra ed alcuni parlamentari di Udc e An.
Sicuramente il Pdl sarà un approdo sicuro per: Alternativa Sociale, Dc per le Autonomie, Riformatori Liberali, Nuovo Psi, Pri, Italiani nel Mondo e Giovine Italia.
Inoltre il partito potrebbe accogliere i cosiddetti “Berluscones”: il gruppo di Giovanardi dell’Udc e la corrente di Gasparri in An.
Un numero di grandi elettori cospicuo, che potrebbero far passare il consenso dal 24% di Fi, sino al 27%.
Anche sul piano delle riforme il Ppl porta scenari nuovi.
Berlusconi, sino a qualche giorno fa contrario al dialogo, l’altro ieri ha aperto a Veltroni per quanto riguarda la riforma del titolo 5 della costituzione e soprattutto il sistema elettorale.
Quest’ultimo è il vero spartiacque del futuro assetto politico del paese.
Le coalizioni dipenderanno dal sistema di voto, e non è detto che l’Unione e la Cdl saranno ancora presenti.
Al nuovo soggetto politico andrebbe bene qualsiasi tipo di riforma: se dovesse essere in senso proporzionale puro o alla tedesca, il Pdl con oltre il 25% dei consensi potrebbe contendersi il ruolo di primo partito con il Pd, decidendo se aprire ad una coalizione proprio con Veltroni o mantenere la guida del centro-destra, continuando con il bipolarismo.
Anche se il nuovo assetto dovesse essere sul modello francese modificato, il partito di Berlusconi sarebbe protagonista, dato che il sistema a doppio turno prevede che al ballottaggio vadano i partiti con più del 12,5% dei voti.
Proprio An, che da tempo chiede una riforma in senso presidenziale e che si è sempre schierata a favore del sistema alla francese, se la riforma dovesse essere in questo verso, sarebbe fra i primi partiti a cadere, dato che il suo consenso, dopo la nascita di La Destra, non dovrebbe superare 12,5% dei voti.

domenica 2 dicembre 2007

La Sorbona e le rivolte studentesche

La chiusura della Sorbona, a seguito dei violenti scontri scoppiati tra polizia e studenti(i quali manifestavano contro il progetto di riforma dei regimi speciali di pensione, voluto da Nicolas Sarkozy) deve nuovamente aprire una discussione più ampia sul tema del rapporto tra libertà di espressione delle proprie idee e violenza, ed è una strana coincidenza che proprio in questi giorni si stia discutendo sul peso che le rivolte del 68 hanno avuto sul terrorismo degli anni di piombo.
Partendo dal presupposto che ogni forma di violenza sia sempre, e comunque, sbagliata, non si può non riflettere su un aspetto fondamentale: le rivolte studentesche, e dunque dei giovani, sono comunque il segno di un malessere diffuso nel presente, che se non analizzato, sarà il malessere della cittadinanza anche nel domani.
Parigi è da sempre punto di partenza di cambiamenti epocali, così come già avvenuto nel 68, ma il come queste trasformazioni si potrebbero realizzare non può essere lasciato al caso.
Quando si costringe un individuo in "regimi" che l'individuo stesso non è in grado, o non vuole comprendere, spesso questo reagisce in modo violento...aggressivo e distruttivo verso se e verso la realtà che lo circonda.
Non vi è democrazia e stato di diritto in questo...Il Manifestare la propria contrarietà è un diritto, se questa contrarietà è costruttiva, ed in tal caso è un dovere per chi governa Ascoltare.

IL Secolo